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Istituto Italiano Fernando Santi |
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Formazione professionale: il contributo di Luciano Luciani Adottati due pesi e due misure a seconda dei Paesi E l’attenzione si sposta sui corsi tenuti nei Paesi comunitari Ritengo opportuno dare un primo contributo chiaro, utile e responsabile
al dibattito, spesso privo di coerenza, che si sta sviluppando, attraverso
la stampa, sulla formazione professionale degli italiani all’estero. E’ in
atto una azione volta a comprimere ed a screditare - facendo spesso
strumentale confusione - un importantissimo strumento, di supporto agli
italiani ed alla politica italiana all’estero, la cui nuova regolamentazione
ed articolazione degli interventi è stata attesa per anni da chi opera ed
intende operare con correttezza e serietà per valorizzare quello che di
meglio può esprimere l’Italia e la sua popolazione residente all’estero. Per
parlare fuori dai denti, chiarisco che da dirigente sindacale e politico
prima e del mondo dell’associazionismo poi, ad ogni livello politico ed
istituzionale in cui ho avuto modo di operare e di confrontarmi nel corso
della trentennale attività, ho sempre condannato e contrastato quella
formazione professionale che in Italia e all’estero veniva svolta non per
promuovere politiche attive di lavoro, occupazione e cooperazione di vario
tipo e livello, ma per rassicurare la "sussistenza" economica dei
"funzionari" dell’apparato politico o sindacale dei tempi andati. Pur
stendendo momentaneamente un velo pietoso sulle resistenze e sui
comportamenti di taluni squallidi personaggi, che ritenendo di "presidiare
il territorio" della circoscrizione consolare, in questi anni, dal 1996 ad
oggi, hanno tentato invano di ostacolare la progettazione e la realizzazione
di qualificatissimi interventi formativi realizzati attraverso accordi di
cooperazione con Stati, Istituzioni di diverso livello, Università, Scuole,
Istituti Professionali, Organizzazioni Imprenditoriali, Mondo del Lavoro e
delle Imprese di altri Paesi, evidenzio così il loro livello di capacità di
essere "dirigenti" nella realtà degli italiani all’estero. Nel contempo si è
avuta la possibilità di verificare l’intelligenza e la capacità strategica
di "altri" dirigenti, quali ad esempio Narducci, Mangione, Tassello e Nardi
che hanno cercato di dare supporto ad ogni e qualsiasi qualificante
iniziativa e di caricare di significato il "nuovo" che si andava o si poteva
realizzare nel territorio estero. Luigi Barindelli, del Comitato di
Presidenza del CGIE, ha avuto modo di esplicitare, a me e ad altri, in un
recente incontro tenuto in occasione del CGIE l’azione svolta a Curitiba per
imporre, nel mercato del lavoro locale - a fronte dei corposi investimenti
di talune multinazionali - la manodopera specializzata italiana, utilizzando
le opportunità formative offerte dallo Stato italiano. Il Centro di
Formazione siciliano facente capo all’Istituto Italiano Fernando Santi, da
me rappresentato, ha avuto il merito di recuperare arti di cui in Argentina
si aveva solo memoria storica, qualificando tecnici del mosaico; di far
conoscere metodologie e materiali di restauro pittorico sconosciuti in
Argentina; oppure di introdurre nell’Ordinamento della Svizzera Romanda
(francese) la sconosciuta figura dell’"Animatore Turistico", attraverso
moduli formativi italiani, di cui era egemone sino a pochi anni or sono la
Francia. Non condivido, pertanto, i ripetuti attacchi rivolti a corretti e
solerti dirigenti del Ministero del Lavoro e del Ministero degli Affari
Esteri preposti al coordinamento ed alla vigilanza degli "Interventi per la
formazione degli italiani residenti nei Paesi non appartenenti all’Unione
Europea": Dr. Giulio Giorgi dell’UCOFPL e Consigliere Francesco Calogero
della DGEAS, nonché al Comitato di valutazione dei progetti formativi, al
quale detti dirigenti prendono parte. Manifesto, invece, ampia perplessità,
e concorrerò con altri a fare chiarezza, come già annunziato in diversi
luoghi e occasioni, relativamente alla composizione del Comitato di
valutazione degli "Interventi per la formazione degli italiani residenti nei
paesi dell’UE", nel quale non prende parte la dirigenza degli uffici
preposti del Ministero del Lavoro e del Ministero degli Affari Esteri.
Appaiono, altresì, inquietanti i risultati relativi alla valutazione dei
progetti presentati, sui quali pure certamente il Ministro del Lavoro, On.
Cesare Salvi, sarà chiamato a fornire adeguate informazioni e la
magistratura ad accertare i motivi per i quali sono stati adottati "due pesi
e due misure" nell’ambito della medesima materia. L’approfondimento di tali
delicate e complesse questioni, rinvio ad altro momento. (GRTV) |